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Limiti alle intercettazioni telefoniche dei professionisti

Sono utilizzabili nei confronti del cliente le conversazioni nelle quali il consuÌente dia suggerimenti sulla frode fiscale e su come evadere le imposte. È quanto chiarito dalla Cassazione, Sez. Penale, con la sentenza n. 14007/2018, di cui si riporta uno stralcio qui di seguito.

Sebbene l’art. 271, c. 2 c.p.p. preveda espressamente, tra i divieti di utilizzo, quello delle intercettazioni relative alle
conversazioni o comunicazioni delle persone di cui all’art. 200, c. 1 c.p.p., quando hanno per oggetto fatti conosciuti in ragione della loro professione, questa disposizione deve essere intesa, in maniera conforme alle indicazioni
interpretative della Suprema Corte, nel senso che il divieto è posto a tutela pei soggetti indicati nell’art. 200 c.p.p., c.
1, e dell’esercizio della loro funzione professionale, ancorché non formalizzato in un mandato fiduciario, purché
questo esercizio sia causa della conoscenza del fatto, ben potendo un libero professionista venire a conoscenza, in ragione della sua professione, di fatti relativi a un soggetto dal quale non sia stato formalmente incaricato di alcun
mandato professionale. Ne consegue che, prosegue la Suprema Corte, il divieto sussiste ed è operativo quando le
conversazioni o le comunicazioni intercettate siano pertinenti all’attività professionale svolta dai soggetti indicati
nell’art. 200, c. 1 c.p.p. e riguardino, di conseguenza, fatti conosciuti in ragione della professione esercitata (Corte di
. Cassazione, Sez. 5 penale, sent. 19.04.2013, n·. 17979); infatti, come la Suprema Corte ha ulteriormente precisato, in
materia di intercettazioni, il divieto di utilizzo stabilito dall’art. 271, c. 2 c.p.p.; non sussiste quando le conversazioni o le comunicazioni intercettate non siano pertinenti all’attività professionale svolta dalle persone indicate nell’art. 200, c. 1 c.p.p., e non riguardino di conseguenza fatti conosciuti per ragione della professione dalle stesse persone esercitata (Corte di Cassazione, Sez. 6 penale, 5.05.2015, n. 18638).
Nel caso affrontato dalla Cassazione, le intercettazioni eseguite, lungi dal riguardare l’attività professionale svolta dal
commercialista dell’indagato e riferita alla cura degli interessi patrimoniali’di quest’ultimo, avevano ad oggetto un’attività in sé illecita, tale evidentemente da esulare rispetto ai limiti dello svolgimento di una incarico professionale, il quale presuppone, ove non si voglia cadere nell’insanabile contraddizione logica di ritenere tutelato dall’ordinamento lo  svolgimento di un’attività criminosa, la piena liceità della condotta tenuta. Poiché, invece, nel caso esaminato i contenuti delle intercettazioni erano riferiti alle indicazioni sulle modalità di messa in opera del delitto in provvisoria contestazione, è di tutta evidenza come esse, essendo indubbiamente esuberanti rispetto al corretto esercizio di un incarico professionale o, comunque, esulando rispetto ai limiti della lecita attività professionale, non possano essere protette dalle guarentigie di cui all’art. 271, c. 2 c.p.p. (Corte di (~assazione 1 Sezione 3 penale, 18.12.2014, n. 52503). A front è di tali presupposti, veniva rigettato il ricorso presentato dal professionista che veniva altresì condannato alla rifusione delle spese di lite.