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PMI, i rischi dei Pir

I Piani individuali di risparmio, lo strumento creato dal Governo per aiutare le piccole e medie imprese a trovare fondi da investire, hanno avuto un successo che ha superato anche le più rosee prospettive. Il Governo sperava di raccogliere entro la fine dell’anno 1,8 miliardi di euro, e, sebbene non ci siano conferme ufficiali, l’obiettivo è già stato ampiamente superato. Il merito è soprattutto delle caratteristiche uniche dei Pir: garantiscono agli investitori un buon ritorno economico e soprattutto non bisogna pagare delle tasse sulle somme guadagnate. Ma come ogni strumento finanziario, presenta dei rischi che bisogna tenere in considerazione prima di decidere di investire i propri risparmi.

Insufficiente il numero di piccole e medie imprese

Il primo problema da affrontare riguarda il limitato numero di aziende presenti nel mercato azionario delle mid-caps e delle PMI, che potrebbe portare presto a una bolla finanziaria. I Piani individuali di risparmio prevedono che il 70% di quanto investito sia destinato a strumenti finanziari emessi dalle aziende italiane. Di questo 70%, il 30% deve essere dedicato a strumenti emessi da imprese che non fanno parte dell’indice FTSE MIB di Borsa italiana. Quindi, vuol dire che questo 30% è dedicato esclusivamente alle piccole e medie imprese che hanno tentato la via della quotazione in borsa o sono alla ricerca di fondi attraverso l’emissione di bond. Purtroppo il numero di queste imprese è veramente esiguo e potrebbe esserci il pericolo di una bolla finanziaria. Nell’ultimo periodo gli investimenti in questo settore sono cresciuti del 105%, ma non per effetto di un aumento degli utili ma solamente a causa di una mera operazione finanziaria. Che potrebbe portare appunto a una bolla.